Lo zio vendicato 52 anni dopo
Giovanni Rizzo
(1843-1866)
La
famiglia Rizzo versò dolorosissimi tributi di sangue alla Patria: i nominativi
di Giovanni e Giorgio Rizzo, rispettivamente zio e figlio dell’eroico Luigi,
rimangono indelebilmente scolpiti nella storia della Marina Militare italiana.
Il
primo, fratello maggiore di Giacomo (padre di Luigi), nacque nel 1843. Allievo
pilota, fu imbarcato all’indomani dell’Unità sulla pirofregata Re d’Italia col numero di matricola
8.198. Tragico, beffardo destino: la Re
d’Italia venne infatti assegnata agli scontri bellici destinati a strappare
al nemico il Veneto, ancora in mano austriaca, ma la Terza Guerra
d’Indipendenza avrebbe messo in risalto i notevoli limiti dei nostri alti
comandi militari sia a terra che in mare. E così la nota disfatta navale di
Lissa (Dalmazia), con tanto di affondamento della Re d’Italia, ebbe luogo il 20 luglio 18 66, nel sesto anniversario della
vittoria garibaldina di Milazzo sulle truppe borboniche. Giovanni Rizzo fece di
tutto per mettersi in salvo. Una scheggia di granata gli aveva asportato il
braccio sinistro: si trovava nell’ospedale di bordo, quando la pirofregata
iniziò ad inabissarsi. Riuscì a rimanere a galla, aggrappandosi ad un rottame
galleggiante, «ma l’avversario, con raffinata ferocia, volle finirlo,
lanciandogli reiteratamente pece infiammata», così scrisse di lui nel 1925 il
gen. Francesco Del Buono nel suo Albo
d’Oro dei Milazzesi morti per la Patria, aggiungendo: «morì tra spasimi
atroci! Stoica e fiera figura di marinaio siciliano».
Rostro di nave da guerra romana
(Battaglia
delle Egadi, prima guerra punica, 241 a.C.)
La
tragica fine dello zio avrebbe reso ancor più cariche di suggestioni e
significati le imprese di Rizzo, che si guadagnò ben presto l’appellativo di
«Vendicatore di Lissa» (cfr. Baccio Emanuele
Maineri, Luigi Rizzo, il
Vendicatore di Lissa, R. Bemporad & f.o,
Firenze 1919). Ai «vendicatori di Lissa», all’indomani dell’Impresa di Premuda,
la Domenica del Corriere dedicò l’artistica
copertina di Achille Beltrame, raffigurante «Luigi Rizzo e i suoi pochi
compagni» intenti ad osservare l’affondamento della Szent Istvan, «titano della flotta austriaca vittima della loro
sublime audacia» (n. 25 del 23-30 giugno 1918).
Sperone della Re d’Italia,
inabissatasi proprio a causa
dello speronamento di nave nemica.
La disfatta di Lissa celebrò il ritorno dello sperone nei
conflitti navali europei. La Re d’Italia
s’inabissò infatti a seguito di
speronamento dell’unità navale nemica, la pirofregata corazzata austriaca Erzherzog
Ferdinand Max. Rispolverati da un
ammiraglio francese nel 1840, gli speroni, che riproponevano in chiave moderna gli
epici rostri bronzei delle navi militari impiegate ai tempi di Roma e Cartagine
e del console Caio Duilio, ebbero largo impiego nella
guerra di secessione americana, per poi approdare per la prima volta negli
scontri navali d’Europa proprio nel 1866 nelle acque di Lissa.
Allo zio caduto a Lissa Luigi Rizzo avrebbe dedicato negli anni
Venti il suo libro commemorativo sull’impresa di Premuda, anch’essa svoltasi in
acque dalmate.